Rivelazioni di Francesco Totti

 

TOTTI INTERVISTA ROMA – Francesco Totti, ex capitano della Roma, è stato intervistato dal Corriere della Sera. Queste alcune delle sue parole sull’addio al calcio e al club giallorosso e sulla positività al Covid-19.

Intervista, Totti parla dell’addio alla Roma e della possibilità di tornare con i Friedkin

“Quanto mi dispiace non essere più dentro la Roma? Tantissimo. Tantissimo perché per me era non dico la seconda casa ma quasi la prima. Sono cresciuto là e morirò lì dentro. Per me era impensabile un giorno cambiare strada e andare via da Trigoria. Ma stavo con le spalle al muro, non potevo sottrarmi, dovevo prendere questa decisione. Drastica, brutta, però ho dovuto farlo per rispetto a me stesso. E ai tifosi. Cosa mi piacerebbe fare in questa nuova Roma? Sinceramente non ci ho mai pensato e non ci sto pensando. Adesso ho intrapreso questo nuovo lavoro, il management dei giovani talenti, e quando parto con una nuova avventura, cerco di portarla a termine. Ora lasciare alcune persone per strada e ritornare nella Roma mi sembrerebbe scorretto nei confronti di questi ragazzi. Poi tra due, tre, cinque, dieci anni, chissà. Nella vita mai dire mai. Quando ci sarà l’occasione di incontrarsi con loro ne parleremo con serenità, con tranquillità. Nessun contatto? No, fino adesso non c’è stato alcun contatto”.

L’addio al calcio

“Sapevo che prima o poi avrei dovuto smettere. Bisogna essere realisti. A quaranta anni è pure difficile arrivare e continuare a giocare al livello giusto. Però nel mio caso sono stato costretto. Neanche costretto, come se avessero voluto mettere un punto, tirare una riga e cancellare. Senza parlarmene, senza rendermi partecipe. Una soluzione si poteva trovare, insieme. Avrei voluto smettere in un altro momento. Avrei voluto essere io a prendere la decisione, perché quando arrivi a quell’età è anche giusto smettere. Però in quel momento stavo bene fisicamente, stavo bene di testa, non pretendevo niente perché io non ho mai preteso niente da nessuno, non volevo giocare a tutti i costi. No, facevo parte del gruppo e se ogni tanto si riteneva opportuno che io potessi scendere in campo sarei stato o pronto, come sono sempre stato. Ma girarmi le spalle e non darmi la possibilità di far vedere che ancora potevo dire la mia mi è dispiaciuto, molto”.

La positività al Covid-19

“È stato abbastanza aggressivo, con me. Ho avuto una polmonite bilaterale, febbre a quaranta, tosse continua ed ero stanco, non avevo fame. Sono stati ventiquattro giorni molto duri. Avevo la saturazione a 89-90 e in quell’occasione ci sarebbe voluto il ricovero, però ho rifiutato. Avevo paura, per quello che era successo a mio padre due mesi prima. E allora ho cercato di stare il più possibile a casa ed andare avanti a cortisone, antibiotici, eparina. Con i farmaci sono riuscito ad uscirne, ma è stata veramente dura. Come passavo le mie giornate? Sul letto, da solo, in balia del tempo. Non guardavo niente, non avevo voglia, non reagivo, tossivo minuto dopo minuto. È stato un incubo durato quasi un mese. Dopo dieci giorni di punture, antibiotici, cortisone, vedevo che non c’era miglioramento. Sì, allora ho temuto”.

De Rossi e Cassano

“Daniele, gran giocatore, è stato un fratello, è sempre stato mio tifoso. Quando giocavo lui faceva il raccattapalle e, come ha detto lui, sono sempre stato un suo idolo. Siamo cresciuti quasi insieme. Mi dispiace che abbia fatto il capitano per così poco tempo. Gli ho fatto un po’ da tappo, ma non è stata colpa mia. Cassano è stato il giocatore con il quale mi sono divertito più di tutti, abbiamo fatto delle cose impensabili, da circo. Però per me lui si è espresso al trenta, quaranta per cento delle sue potenzialità. Diciamo che si è messo accanto alcune volte delle persone che non gli hanno fatto del bene. Spesso ha sbagliato i modi e i tempi di certe scelte. Gliel’ho sempre detto: se lui mi avesse ascoltato un po’ di più, avrebbe fatto la mia stessa trafila, cioè sarebbe rimasto a Roma per vent’anni, di sicuro. A Roma la gente era innamorata di lui. Cavolate o non cavolate, carattere non carattere, lui in campo era quello che era. Un fenomeno”.